L’ipnosi inizia quando le parole
dell’”ipnotista” cominciano a perdere il loro senso
comune - quello del dizionario per intenderci - e acquistano una loro
particolarità. Ecco allora che posso dire una parola e non so precisamente cosa
essa evocherà, ma sicuramente non sarà quello che le mie presunte “tecniche
persuasive” avevano predisposto all’inizio.
Si perde così la presunta
biunivocità tra significante e significato, la parola diventa melodia e cade il
mito di padronanza sull’Altro. Dalla traduzione mancata, si giunge a una
trasposizione da cui emerge un controsenso, o un senso completamente diverso e
inatteso rispetto a quello che si voleva imporre, una particolarità specifica
per l’”ipnotizzato”.
L’errore di traduzione è
effettivamente un atto riuscito.
Solo quando il significante non ha
alcuna portata di senso, solo allora si può dire che qualcosa è stato evocato,
alcuni lo chiamano l’inconscio.
Il metalinguaggio di cui si parla
tanto, si basa, a mio parere, sull’idea che esista un verità reale sopra o
sotto le parole, una struttura o gabbia come discorso universale standardizzato
a cui tutti sono soggetti o devono assoggettarsi.
Al contrario, la caratteristica
essenziale del significante è che esso simula solo una stratificazione di
realtà, una “meta” rispetto all’altra ne è un esempio il paradosso del
mentitore. Questa impossibilità di uscire dal registro del simbolico è ben
espressa in alcuni quadri di Magritte che, giocando sull’equivoco, producono
una profondità illusoria a più livelli di significazione, di cui uno sarebbe
‘il più reale’.
Insomma la chiusura del cerchio fallisce, perché c’è sempre un resto che non si
presta alla significazione.
Ne è un esempio l’interpretazione del sogno – che lo stesso Wittgenstein coglie
con precisione. La descrizione del sogno non si pone a un livello “meta”, cioè
non c’è distinzione tra sogno e il suo racconto tanto essenziale quanto il
sogno. Si esce così da un equivoco per entrare in un altro: l’atto stesso di
tradurre e interpretare crea un nuovo malinteso e materiale da analizzare, così
che non si arriva alla perfetta interpretazione, alla significazione totale e
definitiva.
E ciascun significante in sé non vuol dire niente: “Il legame che unisce il
significante al significato è arbitrario” questo è il postulato di Saussure.
Non solo è arbitrario, ma anche differenziale, perchè
ciascun significante si situa in un sistema di cui ne fa parte in
opposizione/relazione col resto.
Lacan parla di una falla nel linguaggio, un buco nella struttura
significante, questo vuoto è la mancanza pilastro che sostiene tutta la
catena dei significanti e non esaurisce l’infinito attuale del linguaggio. C’è
quindi sempre una frontiera che si sposta un po’ più in là e ogni volta non
permette al linguaggio di arrestarsi o di esaurirsi.
Ogni parola rinvia ad un’altra che
ne definisce il senso e così via all’infinito – è questo il paradosso della
regressione o della proliferazione indefinita. Nel parlare, ogni significate
acquisisce il senso da quanto detto precedentemente, ma allo stesso tempo ha un
effetto retroattivo, perché chiarisce il senso di quanto già detto e prepara il
senso a ciò che è di là da venire.
Secondo Deleuze
“non dico mai il senso di ciò che dico, ma posso sempre prendere il senso di
ciò che dico come l’oggetto di un’altra proposizione, di cui, rispettivamente,
non dico il senso”.
Nel Menone Socrate
interroga lo schiavo, che incalzato dalle opportune domande giunge alla
dimostrazione del teorema di Pitagora. Teorema che lo schiavo in principio
ignorava.
L’idea di fondo è che il suddito o
l’allievo siano capaci di rispondere correttamente a un sapere preesistente in
quanto verità assoluta. Platone precisa che si tratta di rammemorazione e non
di persuasione, non si fa accenno all’eventualità che questo sapere debba
essere preesistente nella mente dell’interrogante. Mi pare però che questo
metodo si basi su una logica binaria, che ad ogni passo comporta il restringimento
delle risposte possibili sino a quella attesa dall’interrogante. Lo schiavo non
può che dire la verità anche se si trattasse di una menzogna. Chi non si
conformava, andava allontanato dalla città per essere rieducato e solo, dopo
essersi ravveduto, poteva tornare in seno alla comunità di appartenenza.
Anche nell’insegnamento attuale Il
sapere segue il modello del dialogo Platonico, infatti è istituito in modo che
l’insegnante ne sia il padrone; il testo con le domande e le risposte è per
tradizione quello dell’insegnante, mentre quello con le sole domande spetta
all’allievo che dovrà imparare a rispondere correttamente per accedere alla
comunità, farsi un nome, acquisire un titolo o appartenere a un albo.
In un certo senso questo è anche
l’archetipo dell’iniziazione, che poi in generale è l’accesso al sapere
degli adulti e alla comunità. Si dice che nell’antichità queste iniziazioni
erano pure mistificazioni; nell’iniziazione gli adulti non potevano non sapere
di essere loro a travestirsi in segreto, in modo da rappresentare le potenze
soprannaturali della tribù. Gli adulti avevano bisogno della credulità per
poter a loro volta dare un senso – più sottile e nascosto – alle cerimonie
create come sacra impostura/inganno, Un po’ come nel film ‘The Village’ lo scopo è tramandare il mito fondante della
comunità da generazione in generazione. Tutto questo viene fatto con le
migliori intenzioni, il vecchio del villaggio dice alla figlia cieca: “Forgive our silly
lies, they never meant to
harm”. In questo villaggio sono gli adulti che
interrogano gli alunni, lo si vede già in una scena iniziale del film.
L’insegnamento base è : “Se non lasciamo il villaggio, per inoltrarci
nella foresta, quelli di cui non si può parlare non ci disturberanno”. Questa
comunità (cum munus –
‘condivisione del peso’ ) si scopre poi fondata sul
dolore, sui traumi, le disgrazie e le violenze del mondo esterno di cui i
fondatori hanno avuto esperienza e ne detengono il segreto.
Ma adesso cosa succede? I giovani
sono tenuti ad acquisire un sapere come garanzia di un futuro adulto e
integrato, senza il quale l’emarginazione e forse la morte sono l’esito più
drammatico, mentre i genitori dentro di loro sanno bene, che in fondo si tratta
nient’altro che di un “pezzo di carta”…
Ecco alcune parole chiave per
un approfondimento sul tema del dialogo:
Informatica -> Binary Tree;
Mentalismo -> Magician Choiche;
Ipnosi -> domanda a illusione di alternative
La storia ci lascia sempre qualche
traccia. Rifletti! e chiediti perché è così in uso il gergo
"rifletti", cosa è effettivamente che si riflette?La riflessione è un'operatore ben preciso negli spazi vettoriali. La
cosiddetta "sfera" (o meglio, frontiera) di inversione.
Dall'inversione si è arrivato allo spazio-tempo.Su Wikipedia : http://it.wikipedia.org/wiki/Inversione_circolare
In fondo alla pagina clicca su "mappa conforme": http://it.wikipedia.org/wiki/Mappa_conforme
In basso sotto "Voci Correlate" clicca su Diagramma di Penrose: http://it.wikipedia.org/wiki/Diagramma_di_Penrose
In fondo - l'altrove assoluto: http://it.wikipedia.org/wiki/Altrove_assoluto
Vedi come il sistema in modo
agnostico ha creato i legami senza che gli utenti di wikipedia
se ne accorgessero?
Un’ipotesi…
A volte si ritiene che i “grandi
maestri” o “grandi personaggi”, così come noi li definiamo, debbano essere
anche degli “stinchi di santo”, ma poi accade che spesso sono proprio il
contrario. Eppure, nel loro luogo di elezione, sia esso la scrittura, la
pittura, il ring, il palco… essi, per così dire, si trasfigurano.
Basti pensare a icone come Elvis, Michael Jackson che sul palco, inteso come
“spazio sacro”, diventano delle vere e proprie divinità acquisendo così un grande
potere (per il tempo di una rappresentazione).
Sono i classici casi in cui l’artista pretende di incarnare un archetipo senza
alcun distacco, fino a esserne soggiogato e a immolarsi in nome di esso. Egli
non pensa che opera come un semplice specchio sul quale gli spettatori
proiettano l’archetipo magico e così da causa ne diventa l’effetto.
Ho trovato Inception
interessante perché non si presta a un happy-ending
che cancella ogni dubbio, un film senza capo nè coda,
appunto come nel sogno dove non conta la logica Aristotelica. L’inception è avvenuta all’insaputa dello spettatore. I vari
livelli una volta distinti si annodano su sé stessi in un loop
infinito – loop appunto è un termine usato in
informatica che tradotto in italiano suona un po’ come ‘laccio’, 'nodo'.
Ma la cosa curiosa è che il cerchio,
non si chiude, il tempo non finisce, alla fine il ‘protagonista’ si ritrova
allo stesso punto dell’inizio - così come aveva lasciato i figli - ma ora tutto
è diverso.
Si potrebbe usare la metafora
dell’alto e del basso o del ritorno all’origine, ma a me pare più appropriato
un andamento spiraliforme. Non è questione di salire o scendere, perché alto e
basso finiscono per ribaltarsi, come nell’ossimoro ‘Cime abissali’ e il
metalinguaggio non risolve l’enigma, si dimostra solo come un regresso
all’infinito, un frattale in eterno allontanamento. Non c’è soluzione, c’è solo
un apparente inizio, nell’apparente passato, la vita con la moglie e l’entrata
nel sogno, fino a giungere al centro, l’ombelico del sogno come lo chiamava
Freud, che scriveva: "Questo e' allora l'ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda
nell'ignoto. (...) Da un punto piu' fitto di questo
intreccio si leva poi, come il fungo dal suo micelio, il desiderio onirico"
(da L'interpretazione
dei sogni).
E’ lì passano la loro intera vita in
un solo attimo. Ma poi sorge il dubbio e come un virus si diffonde su tutti i
piani. Così decidono di morire per “risalire”; ma poi capita l’imprevisto, la
disgrazia. Ecco allora che comincia il percorso sull’altro versante, dall’altra
parte dello specchio…
Insomma qualche spunto prima di
andare a vedersi o ri-vedersi il film, ma questo è solo l’inizio…
Altre cose che ora mi vengono in
mente: Le
mille e una notte, il quadro Las Meninas, Escher (in particolare: ‘Mani che disegnano’, ‘Galleria di
Stampe’, ‘Salita e discesa’, ‘Relatività’), il nastro di Möbius,
la superficie di Riemann, Borges, Gödel, labirinti…
C'erano una volta i sordomuti
del villaggio di Brac-Sec nel circo di Cialos, nell’isola di Réunion.
Il villaggio fù fondato da una coppia di schiavi, probabilmente verso il
1753, all’epoca in cui Mahé de Labourdonnais
dava la caccia agli schiavi fuggiaschi. In un luogo che allora era
inaccessibile i discendenti di tale coppia per effetto della consanguineità
formarono un villaggio di sordomuti che inventarono non un alfabeto ma una
lingua simile a una danza che coinvolge tutto il corpo. Come tutte le lingue
consente di raccontare storie o di discutere progetti.
Non a caso il termine coreografia
è composto del greco choreia , danza, e graphia, scrittura
Da Wikipedia: "Pidgin
(in Inglese /'pɪdʤɪn/) è un idioma derivante
dalla mescolanza di lingue di popolazioni differenti, venute a contatto a
seguito di migrazioni, colonizzazioni, relazioni commerciali."
Insomma quando parlanti di
diverse lingue devono per forza di cose comunicare tra loro
creano un linguaggio di fortuna chiamato pidgin, molto semplice ma
efficace.
Infine si può verificare una
ulteriore trasformazione e dal pidgin si inventa una vera e
propria lingua. Questo avviene la generazione successiva.
E’ il caso dei bambini nati
nelle Hawaii intorno al 1890 che avevano appreso il pidgin dai propri genitori
ma poi l’avevano modificato ed elaborato in quello che ora si chiama creolo
hawaiano.
(in quel periodo c'era una grande
richiesta di manodopera per le piantagioni di zucchero hawaiane e arrivarono
lavoratori dalla Cina, Giappone, Corea, Portogallo, Filippine e Porto Rico).
Da tempo si assiste alla creazione
dei cosiddetti "narcotici non oppiacei". Tra cui troviamo anche i
neurolettici, usati non solo per la schizofrenia, ma anche per arginare ogni
pensiero che eccede e che esce dal seminato come è il caso della depressione e
dei disturbi ossessivo compulsivi.
C'è chi li definisce una 'gabbia chimica', io li chiamerei "farmaci contro
la dissenteria mentale". Mentre l'oppio causa una 'stitichezza fisica', i
neurolettici producono una 'stitichezza mentale.' In questo caso è il cervello
con le sue involuzioni che ricorda una sorta di intestino che produce 'merda'.
Si raggiunge sì un vuoto mentale, ma
non un vuoto come infinitamente pieno bensì uno svuotamento.
Lo Zohar
era un commento alla Torah, ne era l'interpretazione cabalistica. oi si affermò che il Messia era una Torah, gli
atteggiamenti di riverenza si trasferiscono sul personaggio del Messia. Poi fu
la persona dello Zaddiq il sant'uomo a essere come
una Torah. Freud è come se arrivasse a dire : ciascun individuo è una Torah ma
non poteva riferirsi direttamente alla cabala come fonte di ispirazione.
L'inconscio, l'idioma o la logica specifica a ciascuno si rivela nei lapsus,
nei sogni, nelle dimenticanze, nei motti di spirito, nei ricordi di copertura,
nel sintomo... il corpo parla ed è attraversato e abitato dal
significante.
Vecchi
appunti su internet
https://docs.google.com/fileview?id=0B12dCrjI3CuJZGZkNGRiNGEtMTI2Ni00NGNmLTg0NzMtMDUzOTVjZjZmODBh&hl=it%3Fbrowserok%3Dtrue
https://docs.google.com/fileview?id=0B12dCrjI3CuJYzA2M2Q3MjktMjBkNS00MTE4LTkzMjctY2ExZTIxZDBlMWYz&hl=it%3Fbrowserok%3Dtr