Effetto sollievo

Lo psichiatra Galanter che ha studiato la psicologia dei gruppi carismatici, nel corso dei suoi quindici anni di studio si è reso conto, tramite il contatto diretto con gli adepti di vari culti, che il gruppo religioso offrendo un involucro rassicurante è capace di generare un effetto terapeutico o comunque un sollievo emotivo per i seguaci.

In seguito al coinvolgimento nella setta l'adepto proverà un effetto sollievo, questa armonia interiore dovrà essere mantenuta a costo di sforzi che implicano un atteggiamento ostile con chiunque all'interno o all'esterno del gruppo minacci la coesione e l'integrità. L’adepto nel momento in cui avvertirà che c'è una discrepanza tra il fine istituzionale del gruppo e la realtà rischierà di perdere il sostegno dei suoi "simili". Il calore, l'accoglienza nei suoi confronti si tramuteranno in freddezza e odio. L'adepto, quindi rischia di essere cacciato e maledetto come irriconoscente e malvagio, dovrà tornare nel mondo di fuori e ricadere nel presunto stato degradato precedente l'affiliazione (o almeno così gli è stato fatto credere).

In altre parole è messo di fronte a una terribile alternativa esclusivista ove il terzo è chiaramente escluso. La perdita del sostegno del gruppo e dei legami sociali che nel frattempo aveva istaurato possono essere una minaccia sufficiente per farlo tornare sui suoi passi.

Si comprende perciò quanto ogni gruppo sufficientemente totalitario spinga l'adepto ad acquisire una visione e un comportamento standard perché si identifichi con i suoi simili e si conformi alle aspettative. Se non si conforma o se entra in contatto con informazioni critiche il disagio e l'angoscia salgono invariabilmente causando un comportamento depressivo ben poco tollerato dal management.

In altre parole quando l'adepto è in linea con gli scopi del gruppo, con la sua ideologia e mantiene stretti contatti con la comunità può avvertire un senso di benessere mentre quando si allontana dal gruppo o quando sorgono in lui sentimenti di disaffezione constata l'accrescersi dell'angoscia nevrotica. Attraverso un sistema di compensi e punizioni "impara" a non agire in modo contrario al gruppo e a distorcere le informazioni in entrata (dissonanza cognitiva).

Galanter definisce l'effetto così: "Quando le persone si fanno coinvolgere in un gruppo carismatico, esiste un rapporto inverso fra i loro sentimenti di disturbo emozionale e il grado della loro affiliazione al gruppo." (Marc Galanter, Culti, SugarCo Edizioni, 1989 Carnago (VA), p. 136)

Secondo Galanter l'effetto sollievo continua per tutta l'affiliazione poiché il gruppo funziona come una "pinza psicologica" promuovendo l'angoscia e fornendo al contempo la pseudosoluzione a tale angoscia: "Il gruppo promuove norme comportamentali che possono esporre il seguace ad angoscia potenziale. Poi, come abbiamo visto, egli arriva a sentire che il sollievo dall'angoscia dipende dalla fedeltà al gruppo. Questo, a sua volta, rende il seguace più ricettivo alle richieste del gruppo." (Id., ibid., p. 142)

Sindrome di Stoccolma

L'effetto pinza ci suggerisce una digressione intorno a un fenomeno definito come Sindrome di Stoccolma. Con questo termine viene indicato il meccanismo di difesa posto in essere da ostaggi che finiscono per identificarsi con l'aggressore, cioé con colui che infligge l'angoscia ma che, al contempo, detiene il potere di dare sollievo emozionale all'ostaggio (Id., ibid., p.162).

In pratica l’ostaggio si trova in una situazione emozionalmente insostenibile e ambivalente che avvicina tale condizione al doppio legame.

Una metafora forse spiegherà meglio la condizione dell'ostaggio:

È come se all'improvviso vi trovaste dinanzi a un cane rabbioso che sbarra la vostra strada. L'unica cosa da fare è tentare di ammansirlo con un atteggiamento benevolo, consci della nostra paura e della nostra ostilità nascosta e della capacità del cane di "sentire" e intuire le nostre "vere" emozioni ci sforzeremmo di elicitare sentimenti “spontanei”.

Il termine Sindorme di Stoccolma deriva da un fatto realmente accaduto a 4 impiegati tenuti in ostaggio in una banca di Stoccolma per sei giorni. Costoro una volta liberati persistettero in una sorta di fedeltà verso il bandito che durante la prigionia li minacciava di morte. In realtà sembra che avessero più paura della polizia che — durante l’esperienza — veniva percepita come cattiva e ostile (Id., ibid., p. 162).

Colui che crea angoscia e colui che detiene il potere di allievarla è paradossalmente sempre la stessa persona, egli ha la signoria sul comportamento e sull'emotività degli ostaggi. Per garantirsi la sopravvivenza ci si propizia la sua grazia e il risentimento nei suoi confronti viene rimosso e proiettato sui presunti aggressori che il carceriere si premura di rappresentare nel peggior modo possibile (guarda ti hanno abbandonato, non vogliono neanche pagare il riscatto!) negando al contempo l'accesso alle informazioni dall'esterno. In definitiva il comportamento degli ostaggi che a prima vista appare bizzarro, posto nel suo contesto di riferimento è comprensibile.

Un altro esempio di questo fenomeno: una bambina che ha subito una violenza comincia a credere di essere cattiva o indegna. Perché fa ciò? Non sarebbe più facile pensare che è il papà è il cattivo?

Alla luce della teoria sulla Sindrome di Stoccolma possiamo comprendere che tale convinzione disfunzionale permette alla bambina di dare un senso a quanto è avvenuto. Se comprendesse quanto è cattivo e privo di controllo il genitore dal quale dipende per l’autosostentamento sarebbe preda di una angoscia ancor più grande.

Teniamo in oltre presente che fenomeni simili alla Sindrome di Stoccolma si presentano normalmente negli stati totalitari. Pensiamo soltanto al caso della Germania Nazista: la maggioranza della popolazione tedesca aveva accettato di diventare complice col regime nazista per conformismo certamente, ma anche perché l’identificazione con il leader e con l’aggressore permetteva di sentirsi potenti piuttosto che indifesi di fronte al totalitarismo. È un meccanismo che si verifica anche ogni qualvolta la vittima si trasforma  in aguzzino a sua volta. A questo proposito Bettelheim scrive: "Quanto più assoluta è la tirrannia e quanto più debole è diventato l’individuo, tanto più forte  sarà in lui la tendenza a ‘recuperare’ le proprie forze facendosi parte della tirrannia, per godere così della sua potenza. Accettando tutto questo si può acquistare o riacquistare una certa integrazione interiore mediante il conformismo. Ma il prezzo che si deve pagare è l’identificazione senza riserve con la tirannia, in breve la rinuncia alla propria autonomia." (Bettelheim Bruno, Il cuore vigile. Anatomia individuale e società di massa, Adelphi, Milano 1988, p. 341)

 

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